Istruzioni per gli addii

Ulan-Ude, Buriazia (Est-Siberia), Russia - Laveno, Italia

E’ arrivato il momento di levare gli ormeggi, piccola truppa che schiera armate in miniatura sul tappeto e costruisce fortezze di sabbia in estate.
Ora io me ne vado. Torno sul mio romantico lago incastrato sotto alle Alpi a godermi l’umidità mite nella villetta piccolo-borghese di famiglia.
E voi restate, continuate a essere orfani e a raccogliere le miserie di un mondo che vi intravede appena.
Non è così che deve andare ma non potete farci nulla e io tutto sommato sto meglio altrove.

Starete qua, in fondo alla terra addormentata, in questo incredibile angolo di mondo con obsoleti simboli di ideologie logore ancora inchiodati agli stipiti ruggini.
Piccoli guerrieri, continuerete le vostre battaglie armati di un’innocenza tagliente e pericolosa più delle spade che vi immaginate fra le mani, più del kalashnikov con cui papà giocava in Cecenia.

Resterete. Continuerete a intervistare il prossimo, a chiedergli se ha la mamma, intenti nelle vostre sfortunate statistiche.
Dondolerete ancora un po’ sull'altalena che somiglia a una delle carrette del mare che vedo al telegiornale in Italia, quelle su cui gli sciacalli costruiscono poi le campagne elettorali. Le ricorda non solo per il violento oscillare.
Un giorno arriverà l’adozione.
Per i più fortunati da parte di una famiglia benestante russa o europea. Da un esercito, di quelli che procurano le sanzioni ipocrite al paese nel tentativo di espandere l’impero, per tutti gli altri.
D'altronde dove trovare carne da macello altrettanto fresca, obbediente, ignorante e incapace di fare parte della società che la ignora da sempre?


Arrivederci, giovane squadra.
Ho accarezzato per un po’ le vostre giovani vite. Mi sono sembrate dei porti, sebbene la metafora sia del tutto inesatta, a guardare la geografia.
Quei porti fatiscenti e pregni dell’odore acre e dolciastro degli angoli bui in cui si va a pisciare sbronzi.
Una di quelle insenature in cui mastodontiche navi luccicanti di consumo transitano senza prestare troppa attenzione a dove ormeggiare. Tutte lì sotto il sole con l’ego steso sul ponte ad asciugare, a mostrarsi e fotografarsi degne, a fortificarsi senza perdere d’occhio i social network.
Sono stato una di queste navi fottute. Vi ho portati a fare un giro; a qualcuno di voi è persino piaciuto, credo.
Sono venuto ad annusare l’aria gelida di quaggiù. Ancora sorridete, non potete sapere che altrove si respira meglio.
E ora me ne vado senza voltarmi, senza spiegarvi come funziona questo gioco infame di cui non avete visto che l’inizio.

Porto con me il più prezioso e sereno dei tesori che questo mondo ancora conserva dentro agli occhi degli innocenti. Vale molto più di qualsiasi distanza, di qualsiasi assurda temperatura.
Me lo avete mostrato senza esitare un istante, alla faccia dei vostri padri delinquenti sventurati soldati alcolizzati violenti figli di troia.
Forse questo i servizi segreti, il Presidente non lo sapranno mai.


Voi restate, speranzosi, con le gambe penzoloni dalla banchina. Qualcun altro attraccherà per un po’ e ripartirà senza spiegazioni né addii.
Come faccio io. Come fanno tutti gli adulti che incrociate sulla vostra rotta confusa di profughi dei servizi sociali.
Perché è così che funziona.
E’ così che gli orfani siete voi e non io.

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